Controllo dei lavoratori in azienda: un nuovo caso per Andrea Kaiser

08 luglio 2024Ultimo aggiornamento 04 dicembre 2024
Tempo di lettura stimato: 14'
Bene. Negli ultimi articoli pubblicati su questo blog, abbiamo parlato del caso Amazon France, di controllo dei lavoratori e dell’uso che si fa degli strumenti per monitorare la loro attività. Una situazione a metà strada fra GDPR e diritto del lavoro, che ho trovato intrigante, tanto che non ho potuto fare a meno di scrivere un racconto proprio su questo. 
Stavolta, il mio alter ego Andrea Kaiser è alle prese con un caso – di fantasia, come sempre – in un’azienda logistica della Bassa Padana. Buona lettura!

Bianco come il granito – Un caso morale per Andrea Kaiser

Andrea Kaiser sonnecchiava sul divano del suo ufficio. Aveva passato la notte a studiare i documenti di un caso complesso – il data breach di un’azienda informatica - e trascorso la mattinata con un nuovo cliente, il CEO di una società specializzata in Internet of Things. L’incontro si era concluso con un pranzo luculliano nel suo ristorante preferito. Tornato in ufficio, dopo aver dato un’altra occhiata ai documenti che lo avevano tenuto sveglio fino alle 3 del mattino, si era appisolato. Dormiva da mezzora quando il telefono squillò.

Una prima vibrazione fastidiosa. Dopodiché lo smartphone iniziò a suonare, prima piano, poi sempre più forte, riproponendo la versione remixata di Get Wild dei TM Network che aveva scelto come suoneria. Il ritmo martellante lo costrinse ad aprire un occhio. 
«Ma perché non si riesce mai a stare un po’ in pace?» bofonchiò Kaiser, afferrando il telefono e facendo cadere la pila di fogli sul data breach, che teneva lì vicino. Si stropicciò il viso con una mano e guardando a fatica lo schermo lesse un prefisso della Bassa Padana. Rispose con voce impastata: «P…prrondo? Ehm… Pronto? Qui Kaiser…»

Forse avrebbe dovuto evitare l’ultimo cicchetto. Quella grappa al… cos’era? Fico d’India? Zenzero e peperoncino? Non ricordava… Ah, sì! Zenzero e peperoncino Moruga Scorpion. Lo aveva stordito ed era uscito dal ristorante con lo stomaco in fiamme e la testa pesante.

«Pronto, Dottor Kaiser? Sono Bianca Granitica della Tizio Caio Logistica… si ricorda di me?» dall’altra parte della cornetta, la voce di una giovane donna dal tono deciso sembrava perforare il timpano di Kaiser.

Bianca Granitica… 
Tizio Caio Logistica…

Di colpo, la nebbia nella sua mente svanì e Kaiser ebbe la visione di una trentenne bionda, slanciata, in giacca e pantaloni, con lo sguardo penetrante e l’aria di chi non ha paura di dire la sua. L’aveva conosciuta un mese prima, quando Lanfranco Surici, l’amico e collega che gli aveva passato tanti casi – soprattutto rogne, a dire il vero, non ultimo il caso di whistleblowing che aveva interrotto il suo soggiorno isolano di qualche mese prima -, gli aveva proposto una gita nella Bassa Padana. 
Gita dai risvolti tutt’altro che piacevoli. Lusingandolo con la prospettiva di assaggiare i migliori tortelli di zucca della sua vita, Surici l’aveva portato con sé alla Tizio Caio Logistica, un’azienda storica della zona, che l’aveva contattato per una sorveglianza. 
Di fatto, era un appuntamento di lavoro che si sarebbe concluso al ristorante.
“Magra consolazione…” penso Kaiser. 

L’incontro fu a dir poco surreale per tutta la prima mezzora. Il proprietario dell’azienda e fondatore, Ortensio Faina, era un ometto scattante. Camicia bianca e panciotto color cemento, più vicino agli ottanta che ai settanta, con una zazzera di capelli neri fini, ramati sulla fronte – “Tinti di sicuro” si disse Kaiser osservandolo –, li intrattenne con un monologo su quanto era diventato difficile gestire l’azienda, ora che c’era “la privaci”. 

«Questa privaci è un’altra cazzata di chi non ha voglia di fare niente. Un’invenzione dei politici che non vogliono farci lavorare…» disse mentre li faceva accomodare in sala riunioni. «Perché una volta - parlo di quando ho fondato la ditta - non c’erano questi problemi… tutti questi fogli da firmare… e i permessi… e non permessi… e l’avvocato… Una volta facevo come mi pareva, mettevo le telecamere dove volevo…» e abbassando la voce, proseguì con aria lasciva «Un anno ne ho messa una anche nel bagno delle dipendenti... finché non mi hanno scoperto e ho dovuto tirare via tutto… peccato…» disse mesto, poi, cogliendo lo sguardo glaciale di Kaiser, alzò le mani e dichiarò «Adesso non le ho più, eh! Con questa privaci… non si può! Comunque, ehm, ho capito che non andava bene… e le ho tolte» concluse, con lo sguardo innocente di un bambino appena punito per una marachella. 

Kaiser e Surici si schiarirono la voce. Surici era a disagio. Sapeva bene come la pensava il collega: finché c’era il consenso, finché tutti erano d’accordo ed erano consapevoli di cosa stavano facendo e delle conseguenze, per lui andava bene. Un mix di sacro e profano che rendeva Andrea un consulente unico. Surici lo rispettava molto anche per questo. Il suo paragone fra titolare, responsabile, addetto e le categorie di YouPorn era diventato una pietra miliare nel settore. Un esempio che lui stesso usava spesso ormai per spiegare ai clienti la differenza fra queste figure, soprattutto rispetto al concetto complesso di contitolarità. 

Per Kaiser, vita personale e privacy andavano vissute allo stesso modo, con accountability. “Altro che deformazione professionale…” pensò Surici “Kaiser è più di un consulente. È quasi un asceta della privacy. Un evangelista… anche se…” 

Night Club, spettacoli di Drag Queen, Club di scambisti… Surici ricordò che in passato Kaiser era stato un frequentatore assiduo di questi locali. E forse non solo in passato, una volta aveva trovato nel suo studio un paio di decolleté rosse, laccate, misura 46… 
Ma le sporcaccionate come quelle di Faina – così Kaiser chiamava sia i comportamenti lascivi che il trattamento illecito di dati personali – erano lontane anni luce dalla sua morale granitica.

Faina stava per riprendere il discorso, quando qualcuno bussò alla porta. L’ometto si ricompose e assunse l’aria del buon padre di famiglia, dicendo: «Avanti!»

Con un movimento rapido, entrò Bianca Granitica. Kaiser e Surici si alzarono per stringerle la mano.

«Buongiorno! Bianca Granitica, Responsabile del personale» disse lei in tono asciutto. Lo sguardo era deciso, come la stretta di mano, inaspettatamente forte per delle dita così piccole, pensò Kaiser.

La donna li squadrò e riprese «Dottor Surici, piacere di vederla di persona. Al telefono, mi aveva detto che avrebbe portato con sé un collega esperto.» E puntò gli occhi verdissimi su Kaiser. «Lei deve essere il Dottor Kaiser. Lieta di conoscerla. La seguo su LinkedIn. Sul suo profilo condivide molte riflessioni interessanti.»

«Grazie!» rispose Kaiser sorpreso. Dal tipo di azienda, si era immaginato un HR più anziano e impreparato. Invece…

Bianca Granitica si sedette, aprì un fascicolo di documenti e disse: «Immagino che mio zio vi abbia già presentato l’azienda e che vi abbia spiegato perché siamo tutti qui. Giusto, zio?»

Faina, colto alla sprovvista, lo sguardo colpevole, fece per rispondere, ma la nipote lo interruppe: «Poco male. Ci penso io» e presentò ai due consulenti la situazione. 

L’azienda era stata fondata 50 anni prima da Faina e da Gelindo Granitica, cognato dell’anziano patron e padre di Bianca, che purtroppo era venuto a mancare. Erano specializzati nella logistica e dopo la pandemia, con l’esplosione dell’e-commerce, avevano puntato molto sulle consegne in questo settore. Volumi interessanti, considerando la concorrenza dei colossi americani. Lei, Bianca, era laureata in Giurisprudenza, aveva lavorato per qualche anno in una multinazionale, reparto HR, ed era subentrata in azienda da un mese, per sostituire il responsabile storico, ormai in pensione. 

«Quando sono arrivata» disse, guardando lo zio con aria seria «la situazione era disastrosa. Nessuna informativa, nessun registro dei trattamenti, contratti archiviati male, zero cartelli per la videosorveglianza… Non mi occupo di GDPR, diciamo che è piuttosto una passione che coltivo, ma anche se non sono un DPO, ho capito subito che la situazione sotto il profilo privacy era da rivedere. Ecco perché vi ho contattati. Un ex collega mi ha parlato molto bene di lei Dottor Surici e riguardo a lei, Dottor Kaiser, be’, la sua fama la precede. La farò breve: stiamo cercando dei consulenti che ci aiutino a metterci in regola e a lavorare bene, con accountability.»

L’incontro proseguì senza particolari criticità. Kaiser e Surici presentarono una linea d’azione e un preventivo. Bianca Granitica accettò con entusiasmo e Faina firmò il contratto, con l’aria di chi non ha voce in capitolo. Kaiser uscì dall’azienda carico come non mai. 

Era stimolante lavorare con chi aveva chiara l’importanza di essere conformi al GDPR. E poi lo aspettavano i tortelli di zucca. 
Il ristorante era una trattoria per camionisti. Kaiser si aspettava qualcosa di più chic, conoscendo il collega. Ma in effetti quei tortelli erano da competizione internazionale. 
Il pranzo si concluse con un’acquavite alla zucca – il digestivo della casa – che Kaiser buttò giù a fatica. “Buona, per carità, ma impegnativa…” pensò, mentre si apriva il bottone dei pantaloni. Dopo una passeggiata di un’ora per smaltire, i due tornarono a casa – Kaiser in condizioni decisamente migliori dell’amico - e alla mole di lavoro che non li lasciava tranquilli neanche di notte… 

Ed eccolo di nuovo alle prese con i postumi di un pranzo da Guinness. Ma stavolta riprendere la lucidità fu più semplice. 

Sveglio e nuovamente padrone di sé, si alzò dal divano e disse: «Dottoressa Granitica, ma certo! Come sta? E suo zio?»

«Tutto bene, grazie. Spero anche lei Dottor Kaiser. La contatto proprio per mio zio. Ha deciso di andare in pensione, finalmente!»

“E posso immaginare anche il perché…” rise Kaiser sotto i baffi, pensando allo sguardo timoroso di Faina davanti alla nipote. 

«Ma prima di andarsene ha nominato suo figlio – mio cugino Simplicio - Amministratore Delegato dell’azienda...» la voce di lei si era fatta seria. «Il problema, Dottor Kaiser, è che Simplicio, come dire… ha preso molto dallo zio… personalmente lo ritengo uno sconsiderato megalomane. In questi giorni, ha imposto una serie di provvedimenti totalmente sbagliati, se non pericolosi, secondo me, che toccano proprio il trattamento di dati personali. Purtroppo, ho le mani legate. Per una questione di quote ed equilibri familiari – e mi fa rabbia doverlo dire, anche perché sono una donna… -, Simplicio non mi ascolta. Devo metterlo davanti alle conseguenze delle sue azioni e fargli capire quali rischi corre, Dottor Kaiser. In gioco ci sono i diritti dei lavoratori e il futuro dell’azienda. Ho bisogno del suo aiuto. Sono certa che lei riuscirà a farlo ragionare. Può venire domani in sede? Voglio mostrarle la situazione e costringere mio cugino a tornare sui suoi passi.»

Il giorno seguente, alle 8 del mattino, Kaiser era davanti alla Tizio Caio Logistica. Su consiglio di Bianca Granitica, aveva parcheggiato vicino all’ingresso degli operatori addetti all’impacchettamento. Proprio in quel momento, vide due persone, un uomo e una donna confabulare nervosi, diretti alla porta per accedere allo stabilimento. Quasi correvano. 
Li vide estrarre i badge, guardare l’orologio e poi schizzare dentro come due fulmini. 

Un attimo dopo, dallo stesso ingresso, uscì Bianca Granitica. Lo accolse con la consueta vigorosa stretta di mano e lo condusse all’interno del capannone. Erano in un corridoio, davanti alle due porte che conducevano allo spogliatoio maschile e femminile. All’improvviso, la porta contrassegnata dalla scritta “donne” si spalancò e Kaiser si stupì nel rivedere la donna che 5 minuti prima si era affannata a raggiungere l’ingresso. Nel giro di un minuto, uscì dallo spogliatoio maschile anche l’uomo che era con lei. 

“Si sono cambiati in 6 minuti scarsi?” si chiese Kaiser.

Ripensò al tempo che impiegava lui ad abbottonarsi la camicia e i pantaloni… 4 minuti. Forse. Ma la cosa che lo lasciò più perplesso, era l’espressione tesa dei due. Anche in corridoio il loro passo era frettoloso. Sembrava che non vedessero l’ora di arrivare alla postazione di smistamento pacchi. 

Passarono altri 5 minuti e sentì uno strano suono provenire dallo spogliatoio. La porta sì aprì di nuovo e ne uscì una ragazza con le lacrime agli occhi. Avrà avuto vent’anni. In vita portava una specie di pistola scanner luminosa che emetteva un bip insistente. A ogni minuto che passava, il bip si faceva più forte. Più il bip aumentava di intensità, più la ragazza affrettava il passo verso la sua postazione di lavoro. Stava correndo. 

Kaiser guardò Bianca Granitica che gli fece cenno di seguirla. Erano nell’area in cui i pacchi venivano smistati. Tre muletti si muovevano freneticamente dalle scaffalature al bancone, dove una ventina di operai, in piedi, “sparava” con la pistola scanner sul codice a barre delle scatole che scorrevano lungo un nastro trasportatore. 
Una scena che gli ricordò un classico della cinematografia: Tempi moderni di Charlie Chaplin. Sembrava, anzi, era praticamente una catena di montaggio. 

All’improvviso, di nuovo, Kaiser udì il bip insistente provenire dalla sua destra. Vide un ragazzo in difficoltà. Aveva appena “sparato” sul pacco e la sua pistola suonava all’impazzata.
«Ha scansionato il codice a barre troppo velocemente…» gli disse Granitica. «Se sei troppo veloce, aumenta la probabilità che il codice non venga letto correttamente, col rischio di consegnare in ritardo o di dover scansionare di nuovo il pacco.»
Kaiser annuì. Iniziava a capire quale fosse il problema. 

Rimasero lì per un altro paio d’ore, a osservare le persone che, meccanicamente, in silenzio, scansionavano i pacchi, come fossero automi. 

“Non penso che riuscirei a resistere 8 ore al giorno, 5 giorni a settimana, per mesi e anni…” si disse Kaiser. 

Poi, di nuovo, il bip tornò a farsi sentire. Questa volta, proveniva dall’altro lato della stanza, dove c’erano i bagni. Ne uscì di corsa una persona, era una donna sui sessanta. Non stava bene, era evidente. Pallidissima e sudata, tornò in fretta alla sua postazione e riprese a scansionare pacchi. Il bip si quietò. Bianca le si avvicinò per sapere se fosse tutto a posto. La donna annuì e riprese rapida il suo lavoro. 

«Mi dica, Dottoressa Granitica, per caso la signora ha superato il tempo massimo di permanenza alla toilette e la pistola l’ha segnalato? »
Lei annuì.

«E su questa base può ricevere un richiamo, giusto?»

«Esatto» rispose lei asciutta « e penso che abbia capito esattamente qual è il problema, Dottor Kaiser. Per favore, venga. Andiamo a parlare con Simplicio.»

Incontrarono il nuovo Amministratore Delegato nella stessa sala riunioni dove Kaiser aveva conosciuto il vecchio patron dell’azienda. Simplicio Faina era identico al padre, tranne che per l’età e i capelli, ancora folti e neri. 

“Almeno lui non si tinge” pensò Kaiser.

Si accomodarono e Faina Junior sbottò «Bianca, non capisco perché siamo qui. Ti ho detto che le cose in azienda devono cambiare. Gli operai sono troppo lenti. Dobbiamo aumentare la produttività. E per farlo devono sapere che i negligenti e i ritardatari subiranno le conseguenze dei loro inadempimenti. Basta! Le tue storie sui diritti dei lavoratori mi hanno stufato!»

Kaiser restò sorpreso dalla sfacciataggine e dalla prepotenza dell’A.D. verso la cugina. Ma lei non era certo una che si faceva mettere i piedi in testa! 

«Basta lo dico io, perché le tue scelte sono pericolose, Simplicio! Non vuoi ascoltare me? Benissimo. Ascolta almeno il Dottor Kaiser.» E con uno sguardo incoraggiante, invitò il consulente a parlare. 
Dentro di sé Andrea Kaiser gongolò. Quanto si divertiva a mettere paura a chi viola i diritti senza alcun pudore… a chi fa il fenomeno senza sapere di cosa sta parlando…  Si schiarì la voce e iniziò: 

«Il 27 dicembre 2023, il Garante francese ha sanzionato Amazon France con una multa di 32 milioni di euro per un eccesso di controllo sulle attività lavorative dei suoi dipendenti. Nello specifico, ha sanzionato l’azienda per l’uso che fa dello strumento con cui controlla i lavoratori: una pistola molto simile a quella che avete anche voi. La pistola scanner che segnala se il dipendente impiega troppo tempo per cambiarsi e indossare la tuta, che suona se la persona sta in bagno oltre 10 minuti, che suona se scansiona troppo velocemente i pacchi… Le ricorda qualcosa? Si rende conto, vero, che il vostro caso non è molto diverso da quello di Amazon? Le è chiaro che rischia un’ispezione del Garante?» 

Kaiser puntò gli occhi su Faina, che prontamente rispose:

«Ma cosa vuol dire? Lei parla della Francia, qui siamo in Italia!»

Il consulente non aspettava altro…
«Esatto. Uno Stato europeo in cui vige, come in Francia, il GDPR. E aggiungo che, in Italia, un comportamento del genere impatta su norme costituzionali e sullo Statuto dei lavoratori. Mi risulta che non abbiate i sindacati qui. Ma basta una segnalazione all’Ispettorato del lavoro. Lo sa, vero?»

Faina iniziava ad agitarsi… 

«No, ma che Ispettorato… aspetti… C’è un motivo per cui abbiamo scelto questi dispositivi…» si passò la lingua sulle labbra «… per motivi di qualità e di sicurezza! Anche dei dipendenti… immagini uno svenimento in bagno, si attiverebbe il segnale e in pochi secondi la persona verrebbe soccorsa…»

Kaiser era pronto per l’affondo. 

«Le stesse motivazioni di Amazon Francia. Ma la sanzione se la sono beccata ugualmente… perché sono misure eccessive. Si possono tutelare qualità e sicurezza con altri mezzi, senza prevedere un controllo individuale del lavoratore così preciso. Mi dica Faina, quando avete deciso di utilizzare questi strumenti, avete predisposto un’informativa per i dipendenti? Avete spiegato cosa sarebbe successo, come intendevate usare quegli strumenti e con quali finalità?»

Faina aprì la bocca. Poi la richiuse. Scosse la testa e attese la risposta di Kaiser:

«Presumo abbiate scelto di usarli sulla base del legittimo interesse. Per tutelare la proprietà da eventuali furti e via dicendo… vero?»

Faina abbassò lo sguardo. 

Kaiser concluse: «Le consiglio caldamente di rivalutare la situazione. Non è tanto una questione di strumento, ma è di come lo usa. Se lo usa per controllare i dipendenti e le loro prestazioni individualmente, è un problema grave. Se lo usa guardando solo i dati aggregati – un controllo su turni, per esempio – è diverso. E poi, dovrebbe sapere che i lavoratori vanno informati. Devono avere ben chiaro che c’è un controllo sul loro lavoro. In questo modo può prevenire una segnalazione al Garante italiano da parte del primo dei suoi dipendenti che viene a sapere del caso Amazon France. E ascolti quello che le dice sua cugina. La Dottoressa Granitica sa il fatto suo, molto più di lei, Dottor Faina. »

Bianca Granitica scoccò un sorriso a Kaiser e uno sguardo sprezzante al cugino. 
«A dopo, Simplicio! »

“Qualcosa mi dice che Simplicio Faina farà la fine di suo padre…” pensò Kaiser stringendo la mano della cliente e avviandosi verso il parcheggio.
 
Arrivato alla macchina guardò l’orologio. Mezzogiorno. Aveva giusto un paio d’ore, prima della riunione con Surici. Venti minuti dopo, affondava la forchetta in una doppia porzione di tortelli di zucca. «Stavolta niente acquavite, per favore! Mi incarti una bottiglia» disse al cameriere. “Bene, Lanfranco, stavolta ti meriti davvero un bel regalo!” pensò Kaiser accendendosi una sigaretta elettronica e tornando alla macchina. Un sorrisetto furbo spuntò sul suo viso. Mise in moto e ripartì. 
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Biografia dell'autore

Andrea Chiozzi è nato a Reggio Emilia il 4 Agosto del 1969, reggiano “testaquadra” DOC come il lambrusco, ed è sposato con Luisa che lo sopporta da più di vent’anni.
Imprenditore e consulente, da più di 12 anni è l’Evangelist del GDPR.

Attività professionali:
Andrea Chiozzi è il fondatore di PRIVACYLAB, per la gestione avanzata delle attività legate alla compliance per il Regolamento Europeo 679/2016.
Esperto di GDPR e protezione dei dati personali (soprattutto nelle aree più problematiche quali il marketing digitale e i social network, il digital advertising, l’Internet of Things, i Big Data, il cloud computing),
Andrea presta consulenza per la media e la grande industria italiana e si occupa di organizzare e condurre i consulenti aziendali ad un approccio ottimizzato alla gestione della Compliance GDPR.
È ideatore del sistema Privacylab e della metodologia applicata ai consulenti certificati GDPR. 
Nel 2003 dà vita alla figura di “Privacy Evangelist” e comincia a girare l’Italia come relatore in vari convegni e corsi in tema di protezione dei dati personali arrivando a evangelizzare più di 10.000 persone.

È commissario d’esame per:

UNICERT per lo schema DSC_12/30 per Consulenti Certificati GDPR
TÜV dello schema CDP_ 201 Privacy Officer, Bureau Veritas
CEPAS Bureau Veritas DATA PROTECTION OFFICER per lo schema SCH73 norma Uni 11697:2017 (Accredia) 
ACS ITALIA DATA PROTECTION OFFICER per lo schema SCH01 norma Uni 11697:2017 (Accredia)
UNIVERSAL Gmbh DAKKS per lo schema ISO/IEC 17024:2012 "DATA PROTECTION OFFICER"

E' certificato con:
Unicert come "Consulente Certificato GDPR" n. 18203RE22
TÜV come “Privacy Officer e Consulente Privacy” n. CDP_196.
Cepas Bureau Veritas "Data protection Officer" n. DPO0206
UNICERT DAKKS " Data Protection Officer" n. DPO 0818 010012

Fa parte del Comitato Scientifico Privacy di Torino Wireless, GDPR Academy e di Agile DPO .

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